lunedì 27 ottobre 2014

Nepi







domenica 26 ottobre 2014

Reyhaneh è stata impiccata

A 19 anni  Reyhaneh Jabbari, iscritta all'Università, aveva cominciato a lavorare come interior designer.

Un giorno, seduta al tavolino di un bar  mentre discorreva con una cliente, fu così sfortunata da essere notata da un medico, funzionario o ex funzionario (questo non si è capito) dei Servizi segreti.
Questo signore le dice che ha bisogno di una consulenza per arredare il suo studio e le dà un appuntamento.
Il giorno fissato questo signore entra in una farmacia e compra dei preservativi e dei sonniferi.
Una volta nello studio  assalta Reyhaneh e cerca di violentarla.
Lei si difende con un coltello tascabile colpendolo alla schiena e,una volta scesa in strada, chiama subito un'ambulanza, che però quando arriva trova l'uomo già morto.


La ragazza confessa subito alla polizia di aver colpito l'uomo con un coltello, e dichiara di averlo fatto per difendersi dal tentativo di stupro.
Parla anche di un uomo entrato nello studio mentre lei ne stava scappando (uomo che secondo la famiglia della ragazza è il vero colpevole), ma durante la deposizione le viene imposto di rinunciare al suo avvocato e gliene viene affiancato uno alquanto sprovveduto.
Reyhaneh viene arrestata nel 2007,  processata e condannata a morte in base alla legge del taglione dalla Corte Suprema iraniana nel 2009.
Durante il processo due prove molto importanti, e cioè i preservativi e il sonnifero comprati dall'uomo poco prima dell'incontro con la ragazza, e ritrovati nello studio, segni evidenti delle intenzioni dell'uomo, non vengono tenute in considerazione.

Inoltre all'avvocato della ragazza, non viene permesso di accedere al suo fascicolo.

Nonostante il coinvolgimento dei media e delle associazioni internazionali tra cui Amnesty International, Papa Francesco, il nostro Ministro degli Esteri e molti altri, il cui aiuto era stato sollecitato dalla madre della ragazza, ieri notte Reyhaneh è stata impiccata, con l'aiuto del figlio del molestatore che ha tolto lo sgabello che si trovava sotto i piedi della ragazza.

Sono molto commossa ma anche  arrabbiata, molto arrabbiata per quello che è accaduto.

In primo luogo penso che tutti gli Stati dovrebbero ispirarsi a principi laici,  perché le religioni non devono imporre i propri precetti, non ne può venire che male, come abbiamo visto più volte nella storia.
Si era sperato che, di rinvio in rinvio, questa brutta storia si chiudesse in un altro modo, ma forse lo Stato teocratico iraniano non ha voluto sfigurare di fronte ai fondamentalisti dell'Isis.

E mi sembra giunto il tempo di abolire finalmente la pena di morte.
Che diritto abbiamo di colpire un nostro simile in questo modo?
Penso che possiamo arrogarci  il diritto di intervenire solo per proteggere la comunità, ma senza compiere delitti a nostra volta uccidendo qualcuno, senza assumere comportamenti vendicativi, ma mirando ad aiutare a reinserirsi chi delinque.
E non ditemi che sono sogni: le statistiche dimostrano che la grande maggioranza dei detenuti che si tenta di aiutare insegnandogli un lavoro e aiutandoli a reintrodursi nella società, non torna a delinquere.


Ma in questa vicenda, che si svolge in Iran, dobbiamo porre attenzione ad altri particolari.
Da tutto quello che leggo mi risulta che grandissima parte della popolazione aneli ad avere una vita "normale, all'occidentale".
Vorrebbero che le loro figlie potessero andare in giro senza timore che il loro volto venga bruciato con l'acido perché il velo non rispetta gli standard stabiliti dai religiosi, senza timore di essere arrestate se ridono o passeggiano mano per mano con il fidanzato.


Ero bambina quando in Iran il potere era detenuto dallo Scià,  che aveva introdotto enormi modernizzazioni.
Tuttavia c'era molta corruzione, e lo Scià fu rovesciato.
Gli iraniani commisero così un errore fondamentale, mandando al potere i religiosi che non hanno risolto il problema della corruzione e impongono ai cittadini uno stile di vita inaccettabile.


Pensate che in Iran, se si dimostra che un uomo ha stuprato una donna, si tende a cercare nel comportamento della donna qualche motivo che abbia indotto la violenza.
In Iran vige ancora la legge del taglione: occhio per occhio dente per dente.
Inoltre, in base alle loro leggi, la famiglia della vittima ha l'ultima parola sull'esecuzione di una condanna a morte: se perdona, risparmia la pena di morte al condannato.
Quindi la legge da applicare al presunto colpevole non è scelta dal magistrato, cioè da una persona non coinvolta e che deve applicare la legge in modo uguale per tutti, ma dai diretti interessati. Pensate alle conseguenze.

Reyhaneh che per difendersi dalla violenza ha ucciso, o forse solo colpito, è stata dichiarata colpevole.
La famiglia del molestatore ucciso le aveva promesso il perdono se avesse dichiarato il falso, cioè che l'uomo che l'aveva aggredita non aveva provato a stuprarla.
Così Reyhaneh è restata 7 anni in carcere, di cui 5 nel braccio della morte, probabilmente  è stata anche torturata, ma per sua dignità ha rifiutato di dichiarare il falso, a prezzo della sua vita.



mercoledì 22 ottobre 2014

sabato 18 ottobre 2014

Bassano Romano







lunedì 13 ottobre 2014

In gruppo o da soli?