martedì 27 gennaio 2009

pedofilia


Il pettirosso

Aveva gli occhi come un pettirosso
era una donna di undici anni e mezzo
si alzò la gonna per saltare il fosso
aveva addosso un vestitino rosso.
Mentre passava in mezzo a quel giardino
di settant'anni incontrò un bambino
voleva ancora afferrare tutto
e non sapeva cos'è bello e cos'è brutto
e l'afferrò con cattiveria
lei si trovò le gambe in aria
lui che cercava cosa fare
c'era paura e c'era male.
E il male lo afferrò proprio nel cuore
come succede con il primo amore
e lei allora lo prese tra le braccia
con le manine gli accarezzò la faccia.
così per sempre si addormentò per riposare
come un bambino stanco di giocare.
Gino Paoli

Questa è una canzone contenuta nell’ultimo album di Gino Paoli.
Si parla di un uomo settantenne che tenta di stuprare una bambina di undici anni e mezzo. Non riesce a portare a termine lo stupro perché lo coglie un infarto. A quel punto la bimba gli fa una carezza.

La Commissione Bicamerale per l’infanzia, presieduta da Alessandra Mussolini, lo ha convocato per chiarimenti, in quanto dal testo sembra che la piccola vittima perdoni il bruto.
Il cantautore non si è presentato.

Nell’ultima trasmissione di Fabio Fazio Che tempo che fa, Paoli ha parlato del suo modo di vedere la questione.
Ha detto che un prodotto artistico non può essere sottoposto alla morale corrente, perché racconta delle emozioni, non può accettare censure. Inoltre nel testo non si parlava di perdono ma di umana pietà.

Le sue spiegazioni non mi hanno convinta. Il testo mi sembra veramente ambiguo, perché

- una persona di undici anni e mezzo non è una donna, ma una bambina;
- un uomo di settant’anni conosce la differenza tra il bene e il male;
- il vecchio stupratore non è definito un pedofilo ma un matto che merita pietà;
- dopo il tentato stupro la bimba accarezza il povero pedofilo morto.

Ora, anche se non pienamente riuscito, lo stupro è per tutti, figuriamoci per una bambina, una violenza emotiva indicibile e un dolore fisico terrificante.
Secondo Paoli invece la bambina, a differenza degli adulti, non ha sovrastrutture ideologiche, e quindi non tende a creare mostri.
Ma che discorso è questo? un adulto che tenta di violentare una bambina, è un mostro.

Un paio di anni fa l’IDV, e qualche tempo fa il PDL, ha presentato una proposta di legge contro la pedofilia culturale.
Trovo giusto dare più aiuti alle forze dell’ordine per perseguire la pedofilia on line; così come vorrei che fosse impedito per sempre a coloro che nell’esercizio delle proprie funzioni, per esempio di insegnamento, hanno tentato approcci sessuali con i bambini, di tornare a lavorare con i minori, ecc.

Ma se per pedofilia culturale si intende censurare e impedire la trasmissione di una canzone come questa di Paoli, non sono d’accordo.
Quindi: censura no, l’articolo 21 della Costituzione garantisce a tutti libertà d’espressione.

Però, chiunque si esprime, e quindi anche un artista, deve accettare le critiche altrui. E non solo posso dire che una canzone è brutta e perché la ritengo brutta, ma anche, come in questo caso, che la canzone è ambigua e sembra mettere il pedofilo nel novero di quelli che, poverini, non sanno quello che fanno, e quindi hanno diritto alla pietà o perdono che sia.

Altre volte ho letto o sentito espressioni molto più che ambigue riguardo alla pedofilia.
Mi riferisco per esempio a Daniele Capezzone, ex-portavoce dei Radicali, che in un convegno promosso dal partito di Pannella nel '98 sul tema "Pedofilia e Intemet”, spiegava che la pedofilia «al pari di qualunque orientamento e preferenza sessuale, non può essere considerata un reato».

Nel caso di Paoli, un malpensante, l’attore Luca Barbareschi, ora onorevole della destra, ha insinuato che Paoli abbia scritto apposta in quel modo, per far parlare di sé.

Concludo con un libro molto interessante di Abraham Yehoshua: Il potere terribile di una piccola colpa, sul rapporto tra arte ed etica.
In buona sostanza, penso che se uno scrittore deve descrivere un disgraziato, un malfattore, è chiaro che mi deve mostrare quello che fa. Però sempre secondo me lo scrittore, senza dirlo esplicitamente, in qualche modo deve far capire che non è d’accordo con quello che fa il suo personaggio.




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