sabato 5 novembre 2011

Letture estive (seguito) ma se è novembre! Pietro Citati


Tra i libri letti quest'estate, i due che mi hanno più colpita, interessata e impegnata anche emotivamente sono stati:

PIETRO CITATI, La malattia dell'infinito. La letteratura del Novecento. Oscar Mondadori, 2009 e

MICHEL ONFRAY, Crepuscolo di un idolo. Ponte alle Grazie, 2011.

Il libro di
Citati l'ho trovato casualmente durante un giro per librerie.

Ma chi è Citati?

Citati nasce casualmente a Firenze nel 1930, ma dice di sentirsi torinese.
Laureato in Lettere, ha per breve tempo insegnato per poi cominciare a scrivere su riviste di letteratura.
Abita ormai da moltissimo tempo a Roma, una città che ama, in cui ha incontrato e frequentato molti amici scrittori: Gadda, Calvino, Manganelli, ma anche registi come Fellini.

Non credo che Citati piaccia a tutti i suoi colleghi, non si nasconde dietro perifrasi e quando non apprezza qualcuno non glielo manda a dire.
Come quando afferma che è meglio non leggere, piuttosto che leggere Dan Brown, Susanna Tamaro, o Oriana Fallaci, oppure quando afferma che da vari anni il Premio Nobel per la Letteratura viene dato a persone del tutto immeritevoli, come il francese Le Clézio.

Citati ama da un lato i miti, dall'altro i romanzi e i racconti di quegli autori che possiamo considerare dei classici, perché coi loro scritti ricreano un mondo intero nella sua complessità.
Considera l'Odissea di Omero l'opera che ha dato origine al romanzo europeo.
Secondo lui oggi non ci sono più autori-classici, ma solo bravi scrittori, come Orhan Pamuk di cui nella Malattia dell'infinito analizza Il suo nome è rosso.
I suoi scrittori preferiti sono Goethe, Leopardi, Kafka, Gadda, Proust, Pessoa, Musil, Borges, Nabokov... cui ha dedicato libri o articoli su Repubblica.

Per Citati la critica è l'arte di interpretare un testo.
La sua tecnica di lavoro consiste nel leggere tutto quello che riguarda l'autore che vuol studiare, leggere talmente tanto da immedesimarsi con lui.
Usa la biografia dell'autore che sta studiando per illuminarne l'opera.
Dice di rifarsi a
Sainte-Beuve, che proprio a causa del suo metodo fu duramente attaccato dal Proust.


Per Citati l'opera d'arte contiene in sé un aspetto metafisico che viene percepito diversamente nelle varie epoche storiche, ad esempio la Divina Commedia era considerata un poema barbaro nel '700.
Ma l'opera d'arte ha anche la capacità di sembrare ogni volta un libro diverso a chi la rilegga nelle varie fasi della sua vita.

Gli autori affrontati nel libro sono tutti accomunati da quella che Citati chiama la malattia dell'infinito, cioè la ricerca della zona d'ombra che ognuno porta in sé.

La lettura di questo libro, che è un libro di critica letteraria, mi ha affascinato come se stessi leggendo un romanzo. Il critico Citati è un vero scrittore, anche se afferma di non essere capace di creare un mondo suo, ma solo di ripercorrere e tentare di comprendere quello di un altro.
Mi ha letteralmente entusiasmata nel suo racconto della ricerca interiore ed emotiva che ha portato i vari scrittori a comporre la loro opera.



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