lunedì 9 gennaio 2012

Noi credevamo di Mario Martone


Noi credevamo di Mario Martone, con la sceneggiatura
di Giancarlo De Cataldo,
è un bel film che ci ricorda
i 150 anni dall'Unità d'Italia.
Cose quasi dimenticate, apprese durante gli anni di
scuola.

Ero perplessa, prima di vederlo, perché il film ha una
durata di circa 3 ore. Ma la sua lunghezza non mi
ha affatto disturbata.
Esteticamente abbastanza bello, si rifà un po' alla
pittura italiana dell'800.

Il film si riferisce agli avvenimenti accaduti tra il
1830 e il 1860 circa, ed è ambientato in gran
parte nel Cilento, in parte a Parigi e altrove.

Segue gli avvenimenti del Risorgimento attraverso
lo sguardo dei tre protagonisti principali, tre amici
di cui due: Domenico e Angelo sono figli di proprietari
terrieri e il terzo: Salvatore, è figlio del contadino
che si occupa del frantoio.
Protagonisti che rappresentano il contributo del Sud
al Risorgimento.
Il film si divide in un prima, e un dopo, in cui vengono
mostrati i protagonisti da giovani e poi da adulti.
Ho avuto problema a seguire la storia per la scelta
del regista di usare attori diversi per narrare la
maturità dei protagonisti, invece di invecchiarli con
l'aiuto del trucco.

Il film, mi dicono, si ispira solo parzialmente
all'omonimo libro di Anna Banti che, nel frattempo
mi è venuta la curiosità di leggere.

Come in un bildungsroman, nella prima parte del film
ci vengono mostrati i tre amici che vengono in
contatto con le idee di Mazzini, Mazzini che vuole l'unità
d'Italia e si oppone ai Savoia.
Ci sono, se così si può dire, varie tipologie di
rivoluzionari.
Tutti vogliono unificare l'Italia, ma oltre agli affiliati
alla Giovine Italia, ci sono differenze tra repubblicani
e monarchici. Come ci viene mostrato nel carcere in
cui sono stati rinchiusi i rivoluzionari che hanno
partecipato alle lotte di quel periodo.
In quel momento in Italia si parlava di un
attentato a Carlo Alberto, e in Francia all'imperatore
per mano di Orsini. Attentato che in effetti ci sarà, e
da cui
uscirà illeso l'imperatore, morti e feriti un gran
numero
di innocenti cittadini.

Ci vengono mostrate le differenze di posizione anche
all'interno di chi condivide la stessa linea, ad esempio
tra Domenico e Angelo, entrambi mazziniani, entrambi
repubblicani.
La possibilità che la lotta sbocchi nel terrorismo
viene rappresentata, oltre che da Orsini, da Angelo che
chiede insistentemente soldi per attentati a Cristina di
Belgioioso
,
e che finirà per uccidere brutalmente Salvatore,
l'amico non
ricco borghese, accusato ingiustamente
di tradimento.

Alla figura di Angelo possiamo contrapporre quella di
Cristina di Belgioioso, che rifiuta questa deriva e
ritiene
che andrebbero sollecitate le masse a partecipare,
dapprima
istruendole, per metterle in grado di decidere
consapevolmente.


Il terzo amico, Domenico, interpretato bene da Lo Cascio,

fa un po'da filo conduttore, potrebbe rappresentare lo sguardo
dello spettatore che osserva gli avvenimenti.
Domenico
paga di persona col carcere, poi ne esce, e poi
rimane molto deluso
da come sono andate le cose;
se il
film inizia con i Borbone che incendiano i campi e
uccidono i
contadini, finisce con il Piemonte vincitore
che spara sui
garibaldini.
Tra parentesi un ulteriore segno che sono le classi
povere a
rimetterci sempre si ha nella figura di Saverio,
figlio di
Salvatore, che muore combattendo in appoggio ai
garibaldini.

L'Unità d'Italia come occupazione?




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