mercoledì 1 febbraio 2012

Daniel Pennac (prima parte)



Il paradiso degli orchi: tre bombe in un grande
magazzino e il capro espiatorio Malaussène sempre al
centro. Non deve stupirsi se è sospettato!
La fata carabina
: la terza età non rispetta più niente.
Se a Parigi incrociate una vecchia signora, cambiate
marciapiede!
Ma chi è l'autore di questi romanzi dal ritmo incalzante
e tanto diversi dal solito cliché?
Pennac nasce a Casablanca in Marocco nel 1944, ultimo
dopo tre fratelli. Durante l'infanzia viaggia in Europa
Africa e Sudest asiatico, seguendo gli spostamenti del
padre ufficiale.
A otto anni viene messo in collegio e ci resta sette anni,
con la possibilità di tornare a casa solo una volta a
trimestre.
Vive la scuola come una prigione. Lo salva la lettura.Ma "In collegio la lettura a piacere era proibita...
Pennac per aggirare il divieto di notte si nasconde
sotto le coperte, e con l'aiuto di una torcia divora
le sue opere preferite, soprattutto i romanzi di Dumas.
Il giorno dopo, finge di fare i compiti, e scrive lui stesso
il seguito; la notte seguente di nuovo sotto le coperte
per controllare l'originale.
Il divieto aumenta il piacere della lettura.
Inizia a lavorare nel 1970 a Soissons come insegnante
di ragazzi difficili.
A venticinque anni Pennac, figlio di un militare,
pubblica un pamphlet contro il servizio militare
intitolato "Le service militaire au service de qui?".
Trasforma il suo cognome da Pennachioni,
(chiaramente di origine corsa) in Pennac per non
creare problemi al padre.
Esordisce nella narrativa, scrivendo libri per bambini.
Dal 1979 al 1981 si reca in Brasile al seguito della
prima moglie.
Qui viene sfidato da un amico a scrivere un libro giallo.
Nasce così Il paradiso degli orchi che sarà pubblicato
nel 1985. Seguiranno La fata carabina, che è secondo
me il più bello della saga, La prosivendola,
Signor Malaussène.

Con questi quattro romanzi centrati tutti sulla figura
di Benjamin Malaussène otterrà il successo.
Per circa trent'anni fa il professore di Lettere in un
Liceo di Parigi. Nel 1998 lascia l'insegnamento,
pur continuando ad essere presente nelle scuole
con letture e conferenze .
Ha una moglie anche lei scrittrice e una figlia.
Senza l'amore e l'amicizia "non so se il gioco
(della vita) varrebbe la candela"
.
LA LETTURA
La sua passione per i libri è nata dai racconti della
nonna e dall'osservazione dei riti di lettura del padre:
un libro e la poltrona personale la lampada la pipa...
Per Pennac la lettura non può essere un dovere, è
un atto di libertà. E' come amare o sognare.
Si legge per sfuggire alle scocciature della vita.
Un romanzo ci offre la possibilità di trovarci per
qualche ora in un altro mondo. Q
uando faceva il
servizio militare, addetto a pulire le latrine, si sbrigava
e poi si chiudeva dentro a leggere Gogol, e l'universo
militare che gli stava intorno spariva.

Chi ama la lettura deve agire da
passeur, mediatore
culturale, deve stimolare negli altri la necessità della
lettura.
Per leggere bene bisogna scegliere bene le persone
di cui ci si innamora,
dice scherzando Pennac,
perché quando amiamo qualcuno gli consigliamo
i libri che abbiamo amato di più.

La critica letteraria dovrebbe essere meno paludata
e più autobiografica, spiegando le ragioni profonde
e personali per cui un libro è piaciuto.
Il libro non è un prodotto qualsiasi, è il contrario
di ciò che si chiede al consumatore: risponde ad
un bisogno profondo e favorisce un'attitudine di
ritorno a noi stessi.
Oggi viviamo per procura attraverso i media.
Mitridatizzati dal dolore che vediamo continuamente
sullo schermo, non riusciamo neanche più a piangere.
Ma, secondo Pennac, quello che minaccia veramente
il consumo di libri e la lettura, non è tanto la
televisione, ma l'urbanizzazione delle città.
"E' come nei gironi danteschi, con il paradiso della
cultura esposto in centro, escluso a tutte le persone
che si trovano nel girone più lontano, in periferia,
dove arriva solo la televisione."
PERCHE' SCRIVE
Per essere felice, per sopportare la realtà, per
esorcizzare la paura della morte.
"C'est une manière d'en finir avec ce qui m'exaspère
le plus en moi".
Scrivere è una maniera d'essere, ogni scritto
rappresenta il viaggio fatto quando abbiamo imparato
a leggere per passare dal segno al senso.
GLI AUTORI PREFERITI
Per Pennac l'autore in assoluto è Shakespeare.
Da piccolo amava i libri di avventura e le storie di
cappa e spada come quelle di Alexandre Dumas.
Ma anche Dickens, Stevenson e Oscar Wilde.

Subito dopo cominciò a leggere i grandi autori russi:
da
Puskin a Dostoevskij.
E' stato sempre affascinato dagli autori che lavorano
sulla lingua: Gadda Proust Joyce Celine.
Considera il più bel racconto del mondo Bartleby lo
scrivano
di Melville, ama molto anche L'imperatore
del Portogallo
della svedese Selma Lagerlof.

Riguardo alla poesia ama molto una poetessa
lionese del XVI secolo:
Louise Labé.
Tra gli italiani gli piace Calvino di cui privilegia la
trilogia degli antenati, ma anche Gadda, Svevo, Buzzati.
LE OPERE
La saga Malaussène
Le difficoltà iniziali della saga ad affermarsi furono
causate dal fatto che la letteratura poliziesca
era ancora considerata dalla critica, letteratura di serie B.
Prova ne è il fatto che i primi due libri della saga
furono pubblicati originariamente nella famosa
Serie Noire
di Gallimard, e solo in seguito ristampati
nella Serie Blanche dedicata alla letteratura.
Pennac, oltre a scontentare i critici, scontentava anche
i puristi del poliziesco. Infatti si serviva degli elementi
del romanzo poliziesco, usandoli però in modo originale
e spesso comico.
Ciascuno dei romanzi della saga ruota intorno a
degli omicidi in cui il protagonista sembra implicato
fino allo scioglimento finale, dopo miriadi di
avventure e colpi di scena.
I protagonisti della saga sono i componenti di
una strana famiglia allargata composta da parenti
più o meno adottivi e da amici di varie razze: Benjamin,
fratello maggiore della tribù; l'adorata madre: quasi
sempre assente per seguire uno dei suoi amori, si fa
viva ogni tanto per depositare in famiglia l'ultimo
pargolo (e infatti ogni libro Malaussène termina con
una nascita); Clara: la sorella preferita, che vede
attraverso la macchina fotografica; Thérèse: la sorella
veggente; Louna:la sorella infermiera; Jérémy: fratellino
geniale; il Piccolo dagli occhiali rosa: che attraverso i
suoi incubi segnala le sciagure future; Julie:l'amata
compagna, giornalista corrispondente da ogni punto
del mondo in cui ci sia da segnalare un'ingiustizia; gli
improbabili nonni: anziani dalla vita fuori dai ranghi;
Julius:
l'amato e puzzolente cane epilettico; gli amici e
parenti adottivi della comunità araba.

Questo piccolo universo è minacciato costantemente
da una serie di pericoli in cui si oggettivizzano le mire
dei ricchi e dei potenti che hanno nelle mani i destini
del mondo e a cui non importa nulla del bene comune;
purtuttavia gli altri, i non potenti sono lì a resistere...
All'interno della saga ha un grande rilievo Belleville,
quartiere multietnico di periferia, in cui Pennac stesso
ha abitato per decenni. Belleville è descritta come
un posto un po' magico che resiste ancora alla
speculazione edilizia.
Pennac è chiaramente un fautore dell'integrazione
razziale e di una dimensione più umana, o forse
dovremmo dire utopistica dell'esistenza in cui
l'economia non crei esclusione o ghetti: un luogo
magico dominato dagli affetti, in cui ci si ispiri ai
principi evangelici e a quelli dell'utopia comunista.
Pennac mostra il funzionamento assurdo e
paradossale della società moderna pur senza voler
scrivere un romanzo di denuncia.
Scartò le duecento pagine della prima versione
del romanzo perché troppo dimostrative della sua tesi.
L'invenzione forse più originale di Pennac è
quella del protagonista tragicomico della saga
Benjamin Malaussène
.
Invece di un investigatore duro e solitario, alla
Marlowe, l'autore ci mette di fronte ad un tipo
un po' infantile che gioca a fare l'ingenuo perché
sa molto bene che, se non cercasse di farlo,
sarebbe un disperato".
La particolarità più eclatante del personaggio è
che lavora come capro espiatorio in una casa
editrice, è l'addetto a cui di volta in volta vengono
attribuite le colpe dei disguidi di cui i clienti vanno
a lamentarsi.
Ogni volta Malaussène si esibisce in una scena
madre in cui si straccia le vesti per i suoi errori,
viene annunciato al cliente che sarà licenziato, e
invariabilmente il cliente si impietosisce e ritira la
lamentela.
Pennac dichiara esplicitamente di essersi rifatto
alle teorie del filosofo francese René Girard
secondo cui il capro espiatorio non solo è alla
base di tutte le religioni, ma permette la
sopravvivenza delle comunità umane (a sue spese,
s'intende).
In estrema sintesi:a causa dell' invidia che proviamo
gli uni versi gli altri rischiamo di distruggerci a vicenda.
A questo punto, a livello inconscio naturalmente,
scegliamo una vittima su cui far ricadere le colpe di tutto.
In questo modo il capro espiatorio diventa un
elemento di unione per tutti gli altri.
Il tentativo di risolvere i problemi della nostra difficile
socialità in questo modo è una delle nostre tendenze
più pericolose,
alla quale dobbiamo le guerre e i pogrom.
La figura del capro espiatorio, oltre ad aver radici nel
mondo greco-arcaico, si ritrova nell'Antico Testamento:
dove stava ad indicare i capri che gli Ebrei cacciavano
nel deserto, dopo averli caricati dei loro peccati, per
stornare l'ira di Dio.
In altre parole il capro espiatorio ci permette di
proiettare su qualcun altro la responsabilità dei
nostri sentimenti aggressivi.
Secondo Girard solo il Vangelo spezza questo
schema affermando l'innocenza della vittima:
l'agnello sacrificale Gesù Cristo morto ingiustamente
sulla croce, portando allo scoperto la nostra cattiva
coscienza.

Signori bambini
Un tentativo ben riuscito di uscire dalla serie
Malaussène: il terribile professor Crastaings dà
un tema ai suoi allievi: Vi svegliate una mattina,
siete stati trasformati in adulti. I vostri genitori
sono trasformati in bambini.
I suoi tre alunni Igor, Nourdine e Joseph verificheranno
a loro spese la massima che l'immaginazione
non è menzogna
.
Infatti, svolto il compito, si
troveranno catapultati all'improvviso nella
situazione suggerita dal tema.
Questa verità fondamentale sta alla base del
patrimonio letterario dell'umanità, ma è insieme
una riflessione su come si vedono reciprocamente
bambini e adulti.
Per Pennac i bambini fanno i bambini, gli adulti
recitano
il ruolo degli adulti.
Come un romanzo
In questo saggio Pennac mette a punto l'esperienza
maturata nell'insegnamento, per suggerire una
strategia che promuova l'amore della lettura:
trasmettere ai figli e agli allievi il proprio piacere
della lettura.

Quando Pennac insegnava Lettere, dedicava due
delle sei ore a disposizione a leggere i suoi autori
preferiti a voce alta per gli alunni,
senza pretendere
in cambio
riassunti o compiti.
Lettura come dono, per far nascere nei ragazzi il
piacere della lettura e far passare il timore di non
saper rispondere alle domande o di essere stupidi.
Nel testo si trova la famosa carta dei diritti del lettore,
il più importante e paradossale dei quali, è quello di non
leggere, perché il verbo leggere, come i verbi amare e
sognare
, non accettano imperativi.

Ecco la storia
La sua penultima fatica, è una specie di conte
philosophique: Ecco la storia, edito nel 2003,
ha sconcertato molti dei suoi affezionati lettori.
In America Latina c'è un dittatore divenuto agorafobico
in seguito alla predizione di una strega che verrà
linciato da una folla di contadini.
Decide dunque di andarsene in Europa, facendosi
sostituire da un sosia che è uguale a lui salvo qualche
piccolo particolare.
Ma anche il sosia segue un analogo percorso;
dopo un certo tempo decide di andarsene, e così
mette al suo posto un sosia che è uguale a lui tranne
qualche piccolo particolare. E così di sosia in sosia,
fino a che le differenze si accumulano e l'ultimo
sosia è molto difforme dal dittatore originario.
In questo romanzo non solo è raccontata una
storia assai particolare, ma per la prima volta Pennac
ci fa entrare nel suo mondo personale: scopriamo
che viene da un villaggio delle Alpi Marittime, che ha
frequentato l'Università a Nizza...
Ma soprattutto ci mostra come funziona la sua
fantasia
e come costruisce le storie a partire dalle
sue esperienze di vita.
Molto interessante è il tema del sosia, che riprende
quello del capro espiatorio.
Mi sembra che il libro non sia riuscito; nonostante
molti spunti notevoli appare dispersivo, il fatto di
essere privo di una linea unitaria lo rende per me
non emozionante.

L'ultimo libro: "grazie"
C'è un creatore che sta per ricevere un premio
e deve fare i ringraziamenti d'uso. Ma è un tipo
un po' particolare che non riesce a godersi il suo
momento di gloria.
Parte animato dal più sincero desiderio di ringraziare,
ma si accorge che è capitato nel mezzo di una sceneggiata.
E poi essere premiato per l'insieme della propria
opera è come dire all'autore che ormai per lui è finita. E
quindi ringraziare chi e perché? eccetera eccetera.



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