Nadine Gordimer, nata nel Transvaal nel 1923, con
Doris Lessing è l'altra voce femminile di lingua inglese
della letteratura sudafricana.
Vivere in Sudafrica ha significato per lei vivere in una
società divisa: l'unico contatto che i bianchi avevano
con i neri era quello con il personale domestico e con i
fattorini.
I suoi genitori avevano un negozio in città e quindi
preferivano tenersi lontani dalla politica e tenerne lontani
i figli.
Già da molto piccola, per incoraggiamento della madre,
leggeva molto e questo, unito alla sua curiosità, la spinse
a riflettere su quanto la circondava.
Così Nadine capì che cosa volesse dire razzismo e
ingiustizia: aveva accompagnato sua madre ad
acquistaredelle lenzuola in un negozio in città; il
commesso mostrava ad entrambe differenti qualità
di tessuti che loro esaminavano e toccavano più volte.
C'era nel negozio un altro cliente, nero; costui doveva
segnalare con un dito quello che gli interessava, ma non
poteva toccare alcun tessuto. Naturalmente il suo denaro,
quello sì, veniva accettato senza scrupoli.
Gordimer cominciò a chiedersi chi fosse quella gente che
le sembrava straniera.
Capì che in realtà la stranie ra era lei; essi erano africani,
mentre lei rappresentava la prima generazione della sua
famiglia nata lì.
Cominciò a scrivere. Si recava in treno a Johannesburg,
dove seguiva alcuni corsi all'Università.
A un certo numero di studenti neri era permesso
frequentare l'Università: velocemente si rese conto che
aveva più punti in comune con quei giovani che con i
bianchi della sua città natale.
Aveva fame di idee, ma non aveva con chi scambiarle.
Conobbe anche musicisti, giornalisti e aspiranti scrittori neri.
Pochi anni dopo si trasferì a Johannesburg e tramite
quei contatti cominciò ad impegnarsi nella politica,
nell'African National Congress (ANC).
Nella narrativa è stata un'autodidatta, si è formata su
Cechov e Proust.
E' autrice di romanzi, racconti, saggi.
I suoi primi romanzi: Un mondo di stranieri, 1958.
Il protagonista di questo romanzo, Toby Hood, è un
giovane intellettuale inglese che vorrebbe confrontarsi
con il mondo dei bianchi - gli stranieri - di Johannesburg,
al di là delle costrizioni della razza e della politica.
Seguono Qualcosa là fuori, e Occasione d'amore del 1963.
Anche quest'ultimo è ambientato nell'esplosiva realtà del
Sud Africa.
Attorno a Tom e Jessie, tipici rappresentanti
della borghesia anglosassone di Johannesburg,
s'intrecciano vicende che non possono prescindere
dalla realtà della segregazione razziale.
La storia di Ann, contagiata dall'entusiasmo un po'
missionario di Jessie e innamorata di un giovane artista
di colore, si specchia in altre storie collaterali, in diverse
occasioni d'amore che subiscono condizionamenti
e frustrazioni: è in gioco "l'integrità dei rapporti
personali contro le distorsioni delle leggi e della società".
Altri romanzi: Il defunto mondo borghese (1966),
Un ospite d'onore (1971), Una forza della natura,
Il mondo tardoborghese, Storia di mio figlio, Il salto,
Il conservatore (1974).
La figlia di Burger del 1979, è ambientata nel clima
di feroce lotta politica del Sud Africa degli anni settanta.
La storia è ispirata alla vicenda di un famoso avvocato
afrikaner costretto alla clandestinità per il suo impegno
contro l'apartheid; segue la lenta maturazione politica
ed esistenziale di sua figlia, Rosa Burger.
La morte del padre Lionel - da sempre in lotta per la
libertà dei neri - la trasforma definitivamente nella figlia
di Burger. Attraverso la presa di coscienza di questa
nuova identità, Rosa sarà costretta non solo a fare
i conti con la sua vita privata, ma anche a modificare
il rapporto con il suo paese.
Il libro, messo al bando poco dopo la pubblicazione,
ottenne in seguito un prestigioso premio letterario
sudafricano.
E poi ancora: Luglio (1981), e Una forza della natura del
1987, in cui la protagonista Hillela è una donna bianca
tutta votata alla sua utopistica causa.
Storia di mio figlio è del 1991, anno in cui le è stato
assegnato il premio Nobel per la letteratura.
Del 1993 è invece Nessuno al mio fianco, dedicato al
tema del ritorno degli esuli nel Sudafrica del dopo apartheid.
Fra le raccolte di novelle: A faccia a faccia del 1949,
La voce soave del serpente del 1953, I compagni di
Livingstone del 1972, e Qualcosa là fuori del 1985
(dieci racconti che si distaccano dal tema abituale dello
scontro socio-politico per addentrarsi nel mondo privato
dei sentimenti e del rapporto di coppia).
Nei suoi romanzi e racconti, caratterizzati da una
notevole analisi psicologica, ha espresso la rivolta
contro la politica razzista sudafricana,
descrivendo le devastazioni e i conflitti morali che
essa ha suscitato nella popolazione bianca e nera del
suo paese, senza cadere in un riduttivo manicheismo
o in un facile patetismo.
Ricordiamo anche le raccolte di saggi Vivere
nell'interregno e Scrivere ed essere- Lezioni di poetica
del 1995.
Non è vero che c'è un tempo per vivere e un
tempo per scrivere, dice Gordimer, ci sono nazioni,
periodi storici, situazioni politiche in cui la letteratura
ferisce chi la fa e chi la legge.
Che ne è delle più raffinate teorie sulla letteratura
quando queste sono messe in pratica in contesti
sociali ad altissima temperatura conflittuale?
Qui la rappresentazione letteraria serve a contestare
la realtà e a dare voce all' utopia contro i crimini
del potere.
Gli episodi impressionanti, le riflessioni e le
analisi critiche dedicate a Naghib Mahfuz,
Chinua Achebe, Amos Oz e alla propria opera
mostrano quanto può costare caro scrivere e
vivere oggi in Egitto, Nigeria, Israele - e in
Sudafrica prima dell'avvento della democrazia.
Il volume raccoglie le Norton Lectures tenute da
Gordimer nel 1994 ad Harvard, il prestigioso
appuntamento annuale al quale sono stati invitati
Italo Calvino, Umberto Eco e Luciano Berio;
in appendice presenta il discorso pronunciato in
occasione del conferimento del premio Nobel nel
1991 e un saggio su Joseph Roth.
Nel 1999 è uscito in Italia, per la Feltrinelli, il suo
ultimo romanzo Un'arma in casa (The House Gun).
Come in tutti i suoi libri, la realtà del nuovo Sudafrica
è filtrata attraverso una particolare lente d'ingrandimento,
la psicologia di vite umane a confronto: una coppia
di bianchi della medio-alta borghesia il cui figlio è
arrestato per omicidio, un avvocato nero di nuova
generazione, una comunità gay, una giovane donna
autodistruttiva.
L'idea che sta alla base di Un'arma in casa è quella
della responsabilità implicita in un rapporto d'amore:
fino a che punto ci si può spingere per aiutare l'altro?
Se tuo figlio commette un omicidio a sangue freddo
come puoi scusarlo? Come devi agire?
A questo si aggiunge la considerazione che nulla di
ciò che accade ad un essere umano accade nel vuoto;
come in una legge del contrappasso, nel libro il brillante
avvocato nero Hamilton Motsamai esercita un'influenza
decisiva sul destino di Duncan (l'omicida) e su quello
dei suoi genitori.
I bianchi hanno sempre avuto tutti i privilegi.
Sono stati i padroni, quelli che decidevano, per
tantissimo tempo. Mano a mano che la società si
muove verso una maggiore giustizia sociale,
dovranno perdere qualcosa.
Dovranno arrivare a confrontarsi con una situazione
in cui il dirigente di una fabbrica sia nero.
Gordimer non avrebbe mai pensato che nella sua
vita sarebbe riuscita a vedere la fine del tunnel.
Nel 1994, con le prime elezioni libere, il Sudafrica è
uscito dal regime segregazionista; ma il suo compito
di scrittrice impegnata non è finito.
L'apartheid ha lasciato una pesante eredità:
violenza, e distorsioni psicologiche.
Il compito dello scrittore nella nuova realtà del
Sudafrica è lo stesso di prima: raccontare la verità
come la si percepisce.
Nel far questo bisogna cercare di essere onesti con
se stessi, di non essere prevenuti.
La verità è qualche cosa di enorme; non riusciamo
mai ad arrivare a tutta la verità, possiamo solo
tentare di capirne dei tratti.
Nel gennaio 2000 esce l'ultimo libro di Nadine Gordimer:
Vivere nella speranza e nella storia, una raccolta di
tredici saggi in cui l'autrice approfondisce i temi che
più l'hanno appassionata, dal travagliato percorso
sociale e politico compiuto dal Sudafrica negli ultimi
quaranta anni, ai suoi scrittori, ai momenti che
hanno scandito la storia tragica dell'ultimo secolo.
I saggi ripercorrono anche i suoi incontri con alcuni
autori contemporanei, da Joseph Roth a Nagib Mahfuz,
da Günter Grass a Leopold Senghor, con
un'attenzione particolare a Kenzaburo Oe, il Nobel
giapponese con cui la Gordimer ha tenuto un fitto
scambio epistolare.
Scritte in tempi diversi, le sue pagine finiscono per
comporre una sorta di testamento spirituale per i
contemporanei. Uno dei compiti dello scrittore, dice
Salman Rushdie citato nell'epigrafe, è dire l'indicibile,
fare domande difficili.
Doris Lessing è l'altra voce femminile di lingua inglese
della letteratura sudafricana.
Vivere in Sudafrica ha significato per lei vivere in una
società divisa: l'unico contatto che i bianchi avevano
con i neri era quello con il personale domestico e con i
fattorini.
I suoi genitori avevano un negozio in città e quindi
preferivano tenersi lontani dalla politica e tenerne lontani
i figli.
Già da molto piccola, per incoraggiamento della madre,
leggeva molto e questo, unito alla sua curiosità, la spinse
a riflettere su quanto la circondava.
Così Nadine capì che cosa volesse dire razzismo e
ingiustizia: aveva accompagnato sua madre ad
acquistaredelle lenzuola in un negozio in città; il
commesso mostrava ad entrambe differenti qualità
di tessuti che loro esaminavano e toccavano più volte.
C'era nel negozio un altro cliente, nero; costui doveva
segnalare con un dito quello che gli interessava, ma non
poteva toccare alcun tessuto. Naturalmente il suo denaro,
quello sì, veniva accettato senza scrupoli.
Gordimer cominciò a chiedersi chi fosse quella gente che
le sembrava straniera.
Capì che in realtà la stranie ra era lei; essi erano africani,
mentre lei rappresentava la prima generazione della sua
famiglia nata lì.
Cominciò a scrivere. Si recava in treno a Johannesburg,
dove seguiva alcuni corsi all'Università.
A un certo numero di studenti neri era permesso
frequentare l'Università: velocemente si rese conto che
aveva più punti in comune con quei giovani che con i
bianchi della sua città natale.
Aveva fame di idee, ma non aveva con chi scambiarle.
Conobbe anche musicisti, giornalisti e aspiranti scrittori neri.
Pochi anni dopo si trasferì a Johannesburg e tramite
quei contatti cominciò ad impegnarsi nella politica,
nell'African National Congress (ANC).
Nella narrativa è stata un'autodidatta, si è formata su
Cechov e Proust.
E' autrice di romanzi, racconti, saggi.
I suoi primi romanzi: Un mondo di stranieri, 1958.
Il protagonista di questo romanzo, Toby Hood, è un
giovane intellettuale inglese che vorrebbe confrontarsi
con il mondo dei bianchi - gli stranieri - di Johannesburg,
al di là delle costrizioni della razza e della politica.
Seguono Qualcosa là fuori, e Occasione d'amore del 1963.
Anche quest'ultimo è ambientato nell'esplosiva realtà del
Sud Africa.
Attorno a Tom e Jessie, tipici rappresentanti
della borghesia anglosassone di Johannesburg,
s'intrecciano vicende che non possono prescindere
dalla realtà della segregazione razziale.
La storia di Ann, contagiata dall'entusiasmo un po'
missionario di Jessie e innamorata di un giovane artista
di colore, si specchia in altre storie collaterali, in diverse
occasioni d'amore che subiscono condizionamenti
e frustrazioni: è in gioco "l'integrità dei rapporti
personali contro le distorsioni delle leggi e della società".
Altri romanzi: Il defunto mondo borghese (1966),
Un ospite d'onore (1971), Una forza della natura,
Il mondo tardoborghese, Storia di mio figlio, Il salto,
Il conservatore (1974).
La figlia di Burger del 1979, è ambientata nel clima
di feroce lotta politica del Sud Africa degli anni settanta.
La storia è ispirata alla vicenda di un famoso avvocato
afrikaner costretto alla clandestinità per il suo impegno
contro l'apartheid; segue la lenta maturazione politica
ed esistenziale di sua figlia, Rosa Burger.
La morte del padre Lionel - da sempre in lotta per la
libertà dei neri - la trasforma definitivamente nella figlia
di Burger. Attraverso la presa di coscienza di questa
nuova identità, Rosa sarà costretta non solo a fare
i conti con la sua vita privata, ma anche a modificare
il rapporto con il suo paese.
Il libro, messo al bando poco dopo la pubblicazione,
ottenne in seguito un prestigioso premio letterario
sudafricano.
E poi ancora: Luglio (1981), e Una forza della natura del
1987, in cui la protagonista Hillela è una donna bianca
tutta votata alla sua utopistica causa.
Storia di mio figlio è del 1991, anno in cui le è stato
assegnato il premio Nobel per la letteratura.
Del 1993 è invece Nessuno al mio fianco, dedicato al
tema del ritorno degli esuli nel Sudafrica del dopo apartheid.
Fra le raccolte di novelle: A faccia a faccia del 1949,
La voce soave del serpente del 1953, I compagni di
Livingstone del 1972, e Qualcosa là fuori del 1985
(dieci racconti che si distaccano dal tema abituale dello
scontro socio-politico per addentrarsi nel mondo privato
dei sentimenti e del rapporto di coppia).
Nei suoi romanzi e racconti, caratterizzati da una
notevole analisi psicologica, ha espresso la rivolta
contro la politica razzista sudafricana,
descrivendo le devastazioni e i conflitti morali che
essa ha suscitato nella popolazione bianca e nera del
suo paese, senza cadere in un riduttivo manicheismo
o in un facile patetismo.
Ricordiamo anche le raccolte di saggi Vivere
nell'interregno e Scrivere ed essere- Lezioni di poetica
del 1995.
Non è vero che c'è un tempo per vivere e un
tempo per scrivere, dice Gordimer, ci sono nazioni,
periodi storici, situazioni politiche in cui la letteratura
ferisce chi la fa e chi la legge.
Che ne è delle più raffinate teorie sulla letteratura
quando queste sono messe in pratica in contesti
sociali ad altissima temperatura conflittuale?
Qui la rappresentazione letteraria serve a contestare
la realtà e a dare voce all' utopia contro i crimini
del potere.
Gli episodi impressionanti, le riflessioni e le
analisi critiche dedicate a Naghib Mahfuz,
Chinua Achebe, Amos Oz e alla propria opera
mostrano quanto può costare caro scrivere e
vivere oggi in Egitto, Nigeria, Israele - e in
Sudafrica prima dell'avvento della democrazia.
Il volume raccoglie le Norton Lectures tenute da
Gordimer nel 1994 ad Harvard, il prestigioso
appuntamento annuale al quale sono stati invitati
Italo Calvino, Umberto Eco e Luciano Berio;
in appendice presenta il discorso pronunciato in
occasione del conferimento del premio Nobel nel
1991 e un saggio su Joseph Roth.
Nel 1999 è uscito in Italia, per la Feltrinelli, il suo
ultimo romanzo Un'arma in casa (The House Gun).
Come in tutti i suoi libri, la realtà del nuovo Sudafrica
è filtrata attraverso una particolare lente d'ingrandimento,
la psicologia di vite umane a confronto: una coppia
di bianchi della medio-alta borghesia il cui figlio è
arrestato per omicidio, un avvocato nero di nuova
generazione, una comunità gay, una giovane donna
autodistruttiva.
L'idea che sta alla base di Un'arma in casa è quella
della responsabilità implicita in un rapporto d'amore:
fino a che punto ci si può spingere per aiutare l'altro?
Se tuo figlio commette un omicidio a sangue freddo
come puoi scusarlo? Come devi agire?
A questo si aggiunge la considerazione che nulla di
ciò che accade ad un essere umano accade nel vuoto;
come in una legge del contrappasso, nel libro il brillante
avvocato nero Hamilton Motsamai esercita un'influenza
decisiva sul destino di Duncan (l'omicida) e su quello
dei suoi genitori.
I bianchi hanno sempre avuto tutti i privilegi.
Sono stati i padroni, quelli che decidevano, per
tantissimo tempo. Mano a mano che la società si
muove verso una maggiore giustizia sociale,
dovranno perdere qualcosa.
Dovranno arrivare a confrontarsi con una situazione
in cui il dirigente di una fabbrica sia nero.
Gordimer non avrebbe mai pensato che nella sua
vita sarebbe riuscita a vedere la fine del tunnel.
Nel 1994, con le prime elezioni libere, il Sudafrica è
uscito dal regime segregazionista; ma il suo compito
di scrittrice impegnata non è finito.
L'apartheid ha lasciato una pesante eredità:
violenza, e distorsioni psicologiche.
Il compito dello scrittore nella nuova realtà del
Sudafrica è lo stesso di prima: raccontare la verità
come la si percepisce.
Nel far questo bisogna cercare di essere onesti con
se stessi, di non essere prevenuti.
La verità è qualche cosa di enorme; non riusciamo
mai ad arrivare a tutta la verità, possiamo solo
tentare di capirne dei tratti.
Nel gennaio 2000 esce l'ultimo libro di Nadine Gordimer:
Vivere nella speranza e nella storia, una raccolta di
tredici saggi in cui l'autrice approfondisce i temi che
più l'hanno appassionata, dal travagliato percorso
sociale e politico compiuto dal Sudafrica negli ultimi
quaranta anni, ai suoi scrittori, ai momenti che
hanno scandito la storia tragica dell'ultimo secolo.
I saggi ripercorrono anche i suoi incontri con alcuni
autori contemporanei, da Joseph Roth a Nagib Mahfuz,
da Günter Grass a Leopold Senghor, con
un'attenzione particolare a Kenzaburo Oe, il Nobel
giapponese con cui la Gordimer ha tenuto un fitto
scambio epistolare.
Scritte in tempi diversi, le sue pagine finiscono per
comporre una sorta di testamento spirituale per i
contemporanei. Uno dei compiti dello scrittore, dice
Salman Rushdie citato nell'epigrafe, è dire l'indicibile,
fare domande difficili.
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