mercoledì 19 novembre 2014

Umberto Veronesi, "Il mestiere di uomo".


E' uscito ieri un libro autobiografico di Umberto Veronesi, famoso oncologo italiano.

Il libro si intitola "Il mestiere di uomo" ed è edito da Einaudi.
Ne ho letto alcuni estratti sul quotidiano "La Repubblica".
L'autore racconta di essere nato in una famiglia non benestante, di essere rimasto presto orfano di padre, e di aver stabilito un rapporto forte col parroco del luogo, un religioso non convenzionale.
Racconta poi come, da puntuale chierichetto qual era nell'infanzia, si sia allontanato dalla religione.
Grande importanza ha avuto per lui l'esperienza della Seconda Guerra Mondiale, in cui furono mandati ad uccidersi reciprocamente ragazzi che si trovavano su sponde opposte,  e di Auschwitz
A questo punto nacque in lui la domanda: come può permettere Dio queste cose?
Veronesi racconta che in un primo momento voleva diventare psichiatra, per capire da quali menti malate e da quali meccanismi possano sorgere certe decisioni negli uomini.
Gli capitò invece di entrare in un reparto di oncologia, ricordiamoci che Veronesi è nato nel 1925, e che ai tempi in cui entrò in quel reparto, le cure per i tumori erano alquanto inefficaci.
E qui, vedendo bambini che morivano di tumore giorno per giorno invasi dalle metastasi, gli accade di fare le stesse riflessioni che aveva fatto per Auschwitz: ma se Dio esiste, come può permettere una cosa del genere? Fino ad arrivare a dire che il cancro è la prova che Dio non esiste.


Dall'articolo su Repubblica sono derivate molte polemiche, soprattutto sui giornali di destra, abituati ad ostentare un'osservanza che a me appare molto ipocrita, per i dettami della Chiesa cattolica.
Un quotidiano ha addirittura tentato di ridicolizzare le posizioni di Veronesi parlando di un nonnino novantenne...
Non sono mancate le dichiarazioni di Zichichi: "L'esistenza del mondo è la prova dell'esistenza di Dio", di aristotelica memoria. Se fosse così semplice...

Le mie riflessioni sono queste: dal punto di vista scientifico non si può affermare né che Dio ci sia né che non ci sia, quindi ognuno dovrebbe essere libero di seguire i suoi convincimenti, nel rispetto di quelli altrui.
Detto questo, sono molti coloro che si sono chiesti, compresi alcuni teologi: ma se Dio esiste come può permettere il male nel mondo? vedi il discorso su Auschwitz, i bambini sofferenti per il cancro, la stoltezza delle guerre.


La Chiesa risponde che Dio vuol metterci alla prova, ma questo mi sembrerebbe mettere in atto una specie di teatrino da parte della divinità.
Tant'è che alcuni teologi, proprio perché è umanamente impossibile accettare l'idea di un dio immensamente buono che accetta il male e sofferenze indicibili, parlano di un dio minore, non un creatore, ma solo una specie di governante del creato; mi sembra anche questa una posizione inconcludente.
Messa alle strette la Chiesa conclude che le intenzioni divine sono imperscrutabili e così evita di rispondere.


La mia personale posizione è vicina a quella di Feuerbach e di Freud: Dio, o meglio l'idea di Dio,  è una proiezione umana.
Una proiezione dettata dalla paura di fronte al mondo, e dalla necessità di avere un Padre onnipotente a cui rivolgersi. 

Anch'io mi sento così, debole di fronte a tutto ciò che non è in mio potere controllare, con la continua tentazione, che risale alla mia infanzia, di affidarmi e chiedere aiuto a chi tutto può.
Ma penso che questo essere, che ognuno plasma nella mente a suo piacimento, non ci sia.





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