domenica 23 marzo 2014

Dalla parte delle figlie


Qualche settimana fa, a Lecco, una donna ha ucciso le sue tre figlie. Avevano 3, 11, e 14 anni.

Da qualche tempo si era separata dal marito, un operaio.
Quando è avvenuta la tragedia, il marito non era in Italia.
Si era recato in Albania per spiegare ai suoi genitori che si era separato dalla moglie, e che ora aveva una nuova compagna.


Dicono che la madre, dopo aver ucciso le figlie, abbia tentato il suicidio, ma non c'è riuscita.  Poi ha chiamato qualcuno, confessando quanto aveva fatto.
Le figlie erano state ricomposte  sul letto matrimoniale.

Sembra che le bambine stessero dormendo e che la madre le abbia uccise a coltellate, una per volta.
Secondo i giornali,  due di loro non si sarebbero accorte di niente.
Ho molti dubbi in proposito.
Pare invece che la bimba di 11 anni si sia svegliata, ed abbia lottato con tutte le sue forze.


Dicono che, in questi casi,  6 bambini su 10 vengano uccisi dalla madre.
Mi vengono in mente quelle donne che dopo aver partorito, uccidono il figlio, o si uccidono dando la morte anche al bambino.

Molto giustamente, a mio parere, Concita De Gregorio ha parlato della non naturalità dell'essere madre.
Non esiste un istinto materno, e allevare bambini è la cosa più difficile del mondo.
Quando parlo di questi argomenti con una persona giovane, la esorto ad avere figli solo quando il desiderio di diventare madre o padre, vincerà sulla consapevolezza dei sacrifici richiesti.


Qualche tempo fa abbiamo letto anche di una madre che ha ucciso il suo piccolo per vendetta contro il marito che l'aveva lasciata.


Tornando alla  mamma di Lecco, la signora continua a dire che pensa di aver fatto la cosa giusta,  che non pensava di farcela da sola, e che le bambine erano destinate alla miseria o alla prostituzione.
Forse voleva evitare alle figlie quella che era attualmente la sua situazione: pochi soldi, abbandonata dal marito, e tante paure riguardo al futuro.

Non accetto che in questo caso, come in altri simili, si parli di follia.
Eventualmente di paura del futuro, e di un atteggiamento mentale e culturale che induce a considerare i figli come una proprietà personale o un prolungamento di sé.


Un particolare agghiacciante che mi ha fatto molto pensare: la modalità di uccisione.
L'unica situazione in cui considero giusto, non dico uccidere, ma aiutare qualcuno a morire, è quella di una persona cara molto sofferente, senza speranza, e che lo chieda ; se non c'è alternativa si pensa ad una morte più dolce possibile, con una medicina o qualcosa del genere.
Questa donna ha ucciso le sue figlie, tre, a coltellate, l'una dopo l'altra.
Si può uccidere in questo modo violento e doloroso una persona che si dice di amare?

 





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